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Tentata truffa ai danni di un istituto di credito: la titolarità del diritto di querela prescinde dalla formale attribuzione di poteri di rappresentanza
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Tentata truffa ai danni di un istituto di credito: la titolarità del diritto di querela prescinde dalla formale attribuzione di poteri di rappresentanza

Nota a sentenza: Cass. pen., Sez. II, 7 giugno 2023, n. 24495

a cura dell’Avv. Marco Dallavalle e della Dott.ssa. Giorgia Francesca Conconi (dello Studio Legale Ventimiglia)

 

Con la sentenza in commento la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha recentemente confermato la titolarità del diritto di querela in capo al direttore di filiale, anche in assenza di una formale attribuzione dei poteri di rappresentanza, precisando che “il responsabile della filiale di banca deve considerarsi persona offesa, e dunque titolare di un autonomo diritto di querela, in quanto responsabile, in quel frangente, delle attività dell’istituto bancario e delle eventuali conseguenze pregiudizievoli per l’interesse dell’ente da lui rappresentato”.

Questa in sintesi la vicenda processuale.

La Corte d’Appello di L’Aquila confermava la sentenza di condanna nei confronti dell’imputata in ordine ai reati di cui agli artt. 56, 640 e 489 c.p. per aver acceso, ai fini truffaldini, un conto corrente presso la filiale di una banca utilizzando un documento contraffatto. Avverso la suddetta sentenza l’imputata ricorreva per Cassazione adducendo quattro motivi di ricorso, tra cui la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione del succitato provvedimento, lamentando, nello specifico, che il soggetto denunciante non fosse effettivamente in possesso dei necessari poteri di rappresentanza ai fini della presentazione del formale atto di querela.

La Suprema Corte ha dichiarato infondato il sopracitato motivo di ricorso chiarendo come tutti i soggetti passivi titolari del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice siano da considerare persone offese e, pertanto, legittimate a sporgere querela indipendentemente da una formale attribuzione di poteri di rappresentanza. In motivazione la Corte ha dapprima osservato come, con specifico riferimento al reato di furto, in ipotesi di delitto commesso ai danni di esercizi commerciali, siano stati ritenuti dalla costante giurisprudenza di legittimità titolari del diritto di querela tanto il direttore quanto il commesso dell’esercizio commerciale, spettando la qualifica di persona offesa dal reato a tutti i soggetti responsabili dei prodotti posti in vendita presso l’esercizio. Gli Ermellini hanno successivamente richiamato, altresì, l’orientamento maggioritario della Cassazione in tema di truffa, il quale – analogamente a quanto sostenuto in relazione al furto – conferma che il diritto di querela “spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto che si sia personalmente occupato, trovandosi al bancone di vendita, della transazione commerciale con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quel frangente, la responsabilità in prima persona dell’attività del negozio e rivestendo pertanto la titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice” (cfr. Cass. pen., Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 50725) e che il medesimo diritto “spetta anche al gestore dell’esercizio commerciale che, indipendentemente dalla formale investitura dei poteri di rappresentanza legale da parte dell’impresa fornitrice dei beni oggetto del reato, li abbia commercializzati in nome e per conto della stessa assumendosi in prima persona la responsabilità di qualsivoglia operazione inerente alla vendita del prodotto medesimo” (cfr. Cass pen., Sez. II, 30 giugno 2016, n. 37012).

Sulla base di tali considerazioni i Giudici di legittimità hanno, dunque, affermato che è legittimato a presentare querela, a prescindere dalla formale attribuzione dei poteri di rappresentanza, il direttore della filiale di banca presso cui viene acceso un conto corrente con il fine di incassare titoli contraffatti, in virtù della responsabilità di tale soggetto, nell’esercizio delle proprie funzioni, tanto con riferimento alle attività inerenti all’istituto di credito quanto rispetto alle “eventuali conseguenze pregiudizievoli per l’interesse dell’ente da lui rappresentato”. Ebbene, la sentenza in commento – che conferma un orientamento giurisprudenziale da ritenersi oramai consolidato – riveste particolare importanza alla luce della recente riforma Cartabia che ha ampliato il numero di reati perseguibili a querela con i conseguenti problemi applicativi circa la titolarità del diritto di proposizione.